Bernardo degli Uberti e il suo tempo


Per poter comprendere l’importanza dell’azione di San Bernardo degli Uberti occorre considerare sia il modo in cui si è realizzata la sua vocazione religiosa sia il momento particolarmente difficile in cui visse ed operò.
Quando scelse di diventare un uomo di Dio, Bernardo optò per una scelta radicale ed estremamente significativa: entrò infatti in un monastero della congregazione vallombrosana che era la punta più avanzata della riforma gregoriana in Toscana, anzi, come sostiene il Miccoli, in Toscana fu lo sforzo dei vallombrosani che trionfò sulle stesse perplessità ed incertezze di Roma.
Era un monachesimo giovane che non vedeva il monastero come un isola di pace lontano dai tumulti del mondo, ma faceva di esso una base per una attività continuamente proiettata all’esterno. Quando Bernardo nel 1085 entrò a Vallombrosa la congregazione era al suo apice, non solo vi erano dei vescovi che l’appoggiavano ma vi erano in Toscana vescovi che provenivano dalla congregazione stessa.
Iniziava però un periodo difficile che risentiva degli esiti incerti e contradditori della lotta per le investiture.
La politica della curia romana, dopo la morte a Salerno diGregorio VII, aveva assunto in quegli anni un atteggiamento più moderato e di compromesso verso situazioni che precedentemente erano stato oggetto di decisa condanna e questo aveva creato confusione e scontento.
Tempi molto difficili quindi quelli nei quali si trovò ad operare San Bernardo degli Uberti la cui figura e ruolo è stata quasi completamente trascurata da molti storici della Chiesa.
Né più fortunato è stato con gli storici parmensi, l’Affò, l’Angeli il Benassi il Bazzi e il Bernini, tutti autori di storie della città di Parma, pur dedicandogli alcuni capitoli delle loro opere, videro soprattutto in lui il santo patrono della diocesi con le conseguenze agiografiche che comporta partire da un simile punto di vista.
Di ben altro spessore fu il suo operato e l’importanza della sua azione e del suo pensiero per la soluzioni dei problemi del periodo che va dalla morte di papa Gregorio VII al concordato di Worms.
Nel 1089, quando Bernardo fu eletto abate di San Salvi, la congregazione attraversava un momento di grande difficoltà, di sbandamento e perfino di tensione verso la sede apostolica.
Egli dovette senz’altro dare prova di grande capacità, abilità e fermezza nel superare la difficile situazione se nel 1099 venne eletto abate generale della congregazione vallombrosana.
Fu infatti compito suo avviare la crisi a soluzione, portando la congregazione su nuove forme di vita regolare ispirata a sentimenti di assoluta fedeltà a Roma ed ancorata ar una salda organizzazione centralizzata come dimostrano le disposizioni del capitolo generale da lui presieduto a San Salvi il 7 marzo del 1101.
Le idee del nuovo abate senz’altro dovevano coincidere con l’indirizzo moderato della politica di papa Urbano II se nel1099 lo nominò cardinale e lo chiamò presso di se a Roma.
La morte quasi immediata del pontefice ci priva di qualunque indicazione circa i compiti che il papa intendeva affidargli.
Nello stesso anno infatti moriva Urbano II e iniziava il lungo e travagliato pontificato di Pasquale II.  Si apriva un’epoca che risentiva degli esiti compromissori ed incompleti della riforma gregoriana, e l’abilità di cui diede prova Bernardo non era altro che realismo e moderazione.
Nel 1100 moriva a Civita Castellana l’antipapa Clemente III, l’anticristo come lo definiva la propaganda romana, nel 1099 era stata conquistata Gerusalemme, Pasquale II poteva guardare con soddisfazione all’inizio del suo pontificato ma ciò che era successo dopo Canossa aveva dimostrato che non era facile per il papa piegare durevolmente l’imperatore a causa della natura stessa dell’autorità del pontefice la cui forza era quasi esclusivamente morale.
Pasquale II vide nel cardinale Bernardo l’uomo giusto per un incarico di grande responsabilità cioè la legazione per l’Alta Italia.
Incarico importantissimo perché in quella zona la maggior parte del clero e dell’episcopato aveva aderito all’antipapa Clemente III, il parmense Giberto dei Giberti. Gli unici sostegni del pontefice in quella zona erano Matilde e il monastero di San Benedetto al Polirone che era una delle punte avanzate della riforma gregoriana in Lombardia. Non bisogna dimenticare che a Canossa la contessa aveva fatto più l’interesse dell’imperatore che quello della Chiesa.
Rimasta poi senza il suo consigliere Anselmo, morto da poco, aveva preso delle iniziative più adatte a far continuare lo scisma che a far tornare la pace come nel caso del vescovo Guarnerio da Lei ingiustamente fatto arrestare.
Per questo il papa, nell’affidare a San Bernardo la legazione senz’altro gli raccomandò di guidare prudentemente la contessa affinché, consigliata da lui, potesse essere veramente utile alla causa della Chiesa.
Matilde dimostrò il suo gradimento per la nomina dell’Abate di Vallombrosa a Legato Pontificio vietando ai suoi vassalli di devastare i possessi dei monasteri vallombrosani.
Prima di iniziare a svolgere il suo compito Bernardo si consultò con Erimanno, vescovo di Brescia che era stato l’ultimo legato papale in quella zona.
La contessa Matilde mosse incontro al legato a Governalo nel mantovano.
Era il mese di maggio del 1101 e come furono di fronte Bernardo anziché lodare la sua pietà religiosa e la sua fedeltà alla Sede Apostolica, incominciò ad esprimerle la sua meraviglia perché i primi a ricorrere a lui, appena era giunta la notizia del suo arrivo in Lombardia,erano stati uomini di chiesa i cui possessi erano stati occupati da lei o dai suoi ministri con aperta violenza.
Come racconta il monaco autore della “Vita prima Sancti Bernardi” la contessa ascoltò con pazienza e devozione e non partì da Governalo senza aver prima restituito le terre occupate ingiustamente. Bernardo, come competeva al suo alto incarico, esaminò anche altre cause, dimostrando moderazione e abilità diplomatica.
Egli seguì sempre quello che era stato l’indirizzo politico di Urbano II, teso a dare grande libertà ai monasteri per liberarli dal predominio vescovile che spesso si era rivelato molto nocivo. Si cercava di far dipendere i monaci direttamente dal papa, in modo da poter contare sempre su di essi nella lotta per la riforma e realizzare un vero e proprio accentramento ecclesiastico attorno alla chiesa di Roma. Bernardo segui sempre, nelle varie contese che dovette decidere, il principio di appoggiare i monaci contro i vescovi. Tutto il suo operato negli anni che vanno dal 1102 al 1106, anno della sua nomina a vescovo di Parma, rappresentò il trionfo dei gregoriani moderati sugli intransigenti.
A questo proposito basta ricordare l’episodio del vescovo Grossolano,eletto canonicamente ma accusato di simonia dal prete Librando, quando il legato pontificio decise a favore del vescovo tenendo testa ai gregoriani intransigenti di Milano, cioè di una città che era stata il centro principale della Pateria.
La stessa visita fatta a Parma nel 1104 e anch’essa prova della sua moderazione; la città non avrebbe mai aperto le sue porte ad un vescovo che fosse semplicemente venuto ad imporre rigidamente i principi gregoriani anziché a tentare un dialogo fra le parti.
Quando nell’agosto del 1104 il cardinale Bernardo di Vallombrosa, legato pontificio per l’Alta Italia entrò in Parma per favorire il ritorno della città in seno alla Chiesa,sapeva che l’attendeva un compito gravoso e difficile.
Malgrado la morte dell’antipapa Clemente III, il parmense Giberto dei Giberti, la situazione in città non era cambiata, da quando il vescovo di Parma Cadalo era stato eletto antipapa a Basilea nel 1061.
Da allora si erano alternati sul seggio vescovile presuli scismatici sempre ostili alla riforma gregoriana e ai legittimi pontefici. Poiché la sede vescovile era vacante si offrì di officiare un solenne pontificale in Duomo in occasione della festività dell’Assunta a cui era dedicata la cattedrale.
Aveva però appena iniziate le preghiere dell’ìntroito che i sostenitori del partito filoimperiale scatenarono un tumulto, tutti i sacerdoti fuggirono dall’altare e lo stesso Bernardo fu trascinato fuori dalla chiesa, incarcerato in una torre e poi liberato solo per le pressioni di Matilde di Canossa.
Donizone, nella “Vita Matildis” sostiene che a scatenare il tumulto furono le parole molto dure che Bernardo usò contro l’imperatore nella sua omelia.
Comunque siano andati i fatti rimane che il popolo parmense rifiutò la pace con la Chiesa perseverando nello scisma.
Liberato, Bernardo andò presso Matilde di Canossa e continuo a svolgere la sua funzione di Legato pontificio, compito che svolse dimostrando grande moderazione e notevole realismo politico, tutte caratteristiche che lo distinguono dall’operato dei gregoriani più intransigenti.   Nell’ottobre del 1106 il papa Pasquale II convocò un Concilio a Guastalla. Il numero e la qualità dei partecipanti dimostrano che si trattava di un incontro importante, infatti erano presenti anche molto vescovi tedeschi lì inviati dall’imperatore.
Per la prima volta dal tempo dello scisma l’episcopato tedesco aveva la possibilità di sanare il contrasto con il legittimo pontefice.La scelta della città non era casuale il pontefice infatti voleva che a questo concilio, che doveva portare ad una generale pacificazione, intervenissero non solo i vescovi e gli abati ma anche i rappresentanti delle città ribelli fra cui Parma.
Secondo alcuni storici già prima i messi parmensi si erano recati a Bologna per incontrare il pontefice e domandargli di affidare la diocesi al cardinale Bernardo di Vallombrosa.
È interessante notare, perché fa comprendere molto bene quale era la situazione in città,che nessun canonico, nessun religioso faceva parte dell’ambasceria.
Fin dal XI sec. I canonici e i religiosi di Parma avevano sempre visto nell’imperatore il loro naturale protettore e quindi non sorprende che nella lotta fra Enrico IV e il papa avessero appoggiato l’imperatore.Questo incontro è storicamente comprovato da una lettera indirizzata da Pasquale II a Bernardo nell’estate del 1106 nella quale lo chiama “episcopo parmensi “ma è solo a conclusione dei lavori conciliari che il pontefice annunciò la nomina del cardinale legato a vescovo di Parma, per la consacrazione si preferì aspettare il momento del suo effettivo ingresso in città. ad accompagnare in Parma il nuovo vescovo è lo stesso pontefice che nel mese di novembre, presente Bernardo e la contessa Matilde, consacrò la cattedrale.
È credibile che in questa circostanza venissero dissotterrate ed arse le ossa di Cadalo e degli altri vescovi scismatici come era nella tradizione del tempo.  Il giorno successivo, alla presenza dell’intero capitolo, Pasquale II assistito da Brunone vescovo di Segni, dal cardinale Giovanni bibliotecario e da Landolfo consacrò vescovo di Parma Bernardo e con una bolla papale assoggettò la chiesa di Parma direttamente alla Santa Sede.
La bolla non esiste più ma vi è la riconferma di tale privilegio in una bolla dei 7 novembre 1141 emanata da Innocenzo II.
Per antica investitura imperiale il possesso della città e del contado era stato dato ai vescovi, ma Bernardo non volle chiederne la riconferma all’imperatore per non macchiarsi del peccato dei suoi predecessori che avevano ricevuto un’investitura da mani laiche. Per questo conservò alla chiesa parmense solo le rendite più antiche e lasciò il governo della cosa pubblica nelle mani dei “boni homines “. Il nuovo vescovo trovò che lo stato del clero e della diocesi era preoccupante a causa dei molti abusi che i suoi predecessori avevano tollerato. Egli cercò di porre rimedio a tutto questo e uno dei suoi primi atti fu costruire un monastero nella zona di Cavana e la chiesa fu dedicata a San Basilide. Ad abitarlo furono chiamati dei monaci vallombrosani, congregazione di cui era ancora abate e che si era distinta per la sua fedeltà al pontefice Gregorio VII durante la lotta per la riforma e per le investiture. Questo fa pensare che a Parma San Bernardo non abbia trovato molto appoggio fra il clero locale se sentì la necessità di far arrivare dei monaci da Vallombrosa. La fondazione del nuovo monastero non rimase senza conseguenze, circa lo stesso periodo nel 1100 furono i canonici a fondare il monastero di San Quintino per le monache benedettine ed è assai curioso che i canonici abbiano pensato all’istituzione di un nuovo monastero mentre il vescovo aveva lo stesso pensiero, più che frutto di una pia devozione sembra un tentativo di controbilanciare l’operato del vescovo o per lo meno, di emularlo.   Nel 1109 rendendosi conto di non potere in uno stesso tempo amministrare la diocesi e guidare la congregazione, San Bernardo rinuncerà alla carica di abate generale di Vallombrosa.

Continuò invece a svolgere il suo incarico di Legato Papalecome dimostrano i suoi interventi presso Matilde di Canossa a favore di Landolfo vescovo di Ferrara
Dove ottenne meno successo fu presso i “ boni homines “ circa l’atteggiamento da tenere con gli abitanti di Fidenza che si erano rifiutati di ritornare sotto il dominio parmense. Il vescovo li invitò più volte alla sottomissione e quando fu chiaro che la guerra era inevitabile, esorto i parmensi ad astenersi dagli omicidi e a non spargere sangue, il che riesce un po’ difficile facendo una guerra.   Il 12 maggio 1108 i parmensi espugnarono Fidenza e, fatta una grande strage, diedero la città alle fiamme.   La preoccupazione principale del vescovo Bernardo era di eliminare fra il suo clero la simonia, l’uso di comprare le cariche ecclesiastiche con denaro ma l’episodio di Ugo di Noceto dimostra che i suoi tentativi non ebbero molto successo. Questo preposto della cattedrale non si vergognò di comprare dall’imperatore il titolo di vescovo di Cremona e solo anni dopo fu privato del titolo vescovile dall’arcivescovo di Milano Giordano.   Nel 1111, scendendo il re Enrico V in Italia per ricevere la corona imperiale, fra i vescovi che l’accompagnarono a Roma vi era anche quello di Parma.
Il re era sceso accompagnato da un forte esercito e per dimostrare che non avrebbe esitato ad usare la forza,se ostacolato, fece dare alle fiamme Novara che si era ribellata.
Le altre città capirono la lezione e gli inviarono argento e denaro. Il vero ostacolo però era la contessa Matilde che suo padre Enrico IV aveva, a suo tempo,dichiarato fellona e privata dei diritti civili. Matilde però era disponibile ad un accordo ed incontrò Enrico a Bianello, accettò la sua pace purché non fosse rivolta contro il pontefice. Il re arrivò così a Sutri. Pasquale
II cercò di capire quali fossero le intenzione del futuro imperatore che fece capire di essere disposto a rinunciare al diritto di investitura ma chiedeva che vescovi ed abati rinunciassero alle terre che avevano ricevuto come conti, in caso contrario avrebbero dovuto ricevere l’investitura da lui. Forse fu su consiglio di Bernardo, coerente con le scelte fatte al momento di diventare vescovo,che il pontefice, piuttosto che permettere la continuazione di un abuso da cui erano nati tanti mali, decise di chiedere ai vescovi di rinunciare ai beni temporali,ma questi protestarono energicamente ed allora il papa tentò di far rinunciare Enrico al diritto di investire i vescovi offrendogli in cambio la corona imperiale. Tutto questo irritò moltissimo re che, durante la stessa funzione per l’incoronazione imperiale in San Pietro,ordinò di arrestare il pontefice e tutti i prelati presenti. Presso il re vi era il nobile parmense Arduino da Palù che ricordò ad Enrico come la contessa Matilde stimasse Bernardo ed il re lo liberò insieme a Monsignore vescovo di Reggio. Entrambi i vescovi ripararono presso Matilde a Canossa. Pensavano forse di spingerla ad un intervento armato? Certo Matilde non aderì. Il papa, numerosi vescovi e cardinali rimasero sequestrati per due mesi, e quando Pasquale II capì che nessuno né Matilde né i normanni sarebbero corsi in suo aiuto, per evitare mali maggiori accetto ciò che Enrico voleva e cioè il diritto di investire i vescovi.  Il 13 di Aprile del 1111 Enrico fù incoronato imperatore, una cerimonia solenne e regolare secondo le fonti imperiale, una cerimonia indegna secondo il “Liber Ponteficalis”. Nelle discussioni che seguirono all’ondata di indignazione per l’accordo sancito con l’imperatore mentre i gregoriani intransigenti accusarono apertamente Pasquale II, anche se, memori di uno dei punti del “Dictatus papae” che stabiliva che nessuno può giudicare il papa,lo presentavano più come un debole e una vittima che come un colpevole, troviamo il vescovo di Parma sempre su posizioni moderate, non assunse mai nei confronti del pontefice un atteggiamento accusatorio né tanto meno dimostrò di considerarlo un debole che non aveva saputo morire per una giusta causa.   Anche Bernardo era favorevole alla condanna della “haeresis de investitura”, come dimostra la sua corrispondenza con Brunone da Segni, ma contrario ad ogni tipo di irrigidimento e favorevole al dialogo con imperatore con il quale per altro aveva avuto, insieme con i vescovi di Modena e Reggio, un incontro il giorno precedente quello infausto dell’incoronazione, presenti i vescovi tedeschi.

Enrico dopo aver ottenuto la corona imperiale,tornando verso la Germania si fermò nella pianura padana per incontrare lacontessa Matilde che nominò Vice Regina. Bernardo era con lei.
Probabilmente l’ingerirsi di Matilde nelle questioni di Parma iniziò con questa autorizzazione e questo non facilitò l’operato del vescovo Bernardo su cui ricadde gran parte dell’ostilità che i parmensi avevano nei confronti di Matilde, anche se, come risulta da numerosi atti,sempre il vescovo intervenne a favore degli abitanti contro i soprusi dei ministri di lei. Quando la contessa morì, Bernardo accolse onorevolmente l’imperatore Enrico V sceso in Italia nel 1116 per prendere possesso della sua eredità. Il vescovo di Parma seguì poi l’imperatore nella Romagna, gesto di grande importanza politica se si pensa che Bernardo è sempre il legato papale, prova questa della grande fiducia che aveva in lui Pasquale II considerando l’energia e durezza che aveva mostrato nei confronti di Brunone che costrinse s rinunciare al titolo di Abate di Montecassino, di Giovanni di Tuscolo e di Leone d’Ostia. Bisogna ricordare per capire il peso del gesto di Bernardo che i gregoriani intransigenti,in un sinodo tenuto a Roma nel 1112, avevano ottenuto che fossero dichiarate nulle le concessioni fatte all’imperatore perché il pontefice aveva ceduto semplicemente per evitare mali maggiori e, poiché agli intransigenti non pareva di aver fatto abbastanza, Brunone da Segni aveva lanciato l’anatema contro Enrico V,anatema circa il quale il pontefice aveva evitato di esprimersi per non peggiorare i già difficili rapporti con l’imperatore. Quando però i rapporti fra il papa e l’imperatore peggiorarono, Bernardo, per coerenza con la sua fedeltà alla Santa Sede, lasciò l’imperatore e rientrò a Parma provvedendo al restauro della cattedrale andata per buona parte distrutta nel terremoto del1117.Peggiorando i rapporti fra chiesa e impero Enrico V fece eleggere un antipapa che prese il nome di Gregorio VIII.
Coerente con le sue scelte Bernardo si schierò con il legittimo pontefice.
Nel 1119 il successore canonicamente eletto Gelasio II si fermò a Parma accolto dal vescovo Bernardo per la canonizzazione del beato Bertoldo,converso delle monache di Sant’Alessandro.
Furono molti e di grande importanza gli incarichi che vennero affidati a Bernardo dal nuovo pontefice Callisto II e nel 1122, migliorati i rapporti fra Chiesa ed impero, si arrivò alConcordato di Worms, il primo che si conosca e come tale di notevole rilevanza nella storia dei rapporti fra autorità politica e autorità religiosa, anche se era in forma di privilegi che si scambiavano vicendevolmente il papa e l’imperatore.  Non ci sono prove di una diretta partecipazione di Bernardo agli incontri che precedettero il concordato ma è innegabile che questo rappresentò il trionfo dei gregoriani moderati, e quindi di Bernardo, sugli intransigenti. Prova della stima che l’imperatore aveva per il vescovo di Parma è un privilegio imperiale del 1124 con il quale Enrico V prendeva sotto la sua protezione la congregazione vallombrosana, privilegio concesso su richiesta di Bernardo.  Morto l’imperatore Enrico gli succedeva come legittimo re d’Italia e Germania, Lotario ma a lui si oppose il duca di Svevia Corrado che, sceso in Italia, fu incoronato con la corona ferrea dall’arcivescovo di Milano. Il papa,condannata l’incoronazione, ordinò ai vescovi e ai suoi legati di opporsi a Corrado. Bernardo fece come poté e in qualità di legato papale scomunicò re Corrado, ma essendosi sottomessa Parma al re, il vescovo fu cacciato dalla città. Inutili furono i suoi tentativi di rientrare nella sua diocesi, inseguito dai partigiani di Corrado, fu fatto prigioniero e per liberarlo fu necessario l’intervento del conte Arduino. Corrado sobillò contro il vescovo i cittadini che lo costrinsero di nuovo a fuggire dalla diocesi. Cacciato però Corrado dall’Italia fu possibile a Bernardo tornare a Parma. Era il 1129 e trovò, rinchiuso nelle carceri, il vescovo di Treviri che di li a poco morì. Bernardo lo fece rivestire con i solenni paramenti che erano stati preparati per lui e seppellire nella cattedrale. Cacciato Corrado non per questo la pace durò a lungo in alta Italia perché alla morte di papa Onorio di nuovo la cristianità fu divisa fra Innocenzo II, canonicamente eletto e un antipapa. Sempre coerente Bernardo fu fra i pochi vescovi che si schierarono con il legittimo pontefice. Prova del grande prestigio che circondava il vescovo di Parma è, che il suo appoggio fu considerato importantissimo da San Bernardo di Chiaravalle. Nel 1132 Lotario volle scendere in Italia e il papa gli mosse incontro. Il 15 agosto del l132 Innocenzo II era a Brescello e,chiamato il vescovo Bernardo presso di se, lo mandò a Verona ad incontrare Lotario. Insieme poi, il vescovo di Parma e il re, si recarono dapprima a Piacenza per assistere al concilio, poi a Roma dove Lotario ricevette la corona imperiale. Di nuovo insieme risalirono verso l’alta Italia come dimostra un privilegio concesso al monastero di San Benedetto al Polirone il 19 luglio del 1133 firmato da entrambi. Il vescovo di Parma sentendosi molto stanco per questo viaggio volle ritornare nella sua diocesi dove mori il 4 dicembre del 1133.   Che l’operato di Bernardo nel tentativo di riportare Parma in seno alla chiesa non fosse pienamente riuscito lo dimostra il fatto che a lui successe Alberto, vescovo eletto dal partito filoimperiale e gia deposto per ordine del pontefice nel 1135. Della fama che lo circondavo però ne è prova il fatto che nel1139 il nuovo vescovo canonicamente eletto Lanfranco, per esaudire il desiderio della popolazione che venerava Bernardo come santo, trasportate le sue ossa in una nuova urna, le espose alla venerazione dei fedeli.

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Guido Bellocchio
  • La Cappella di San Bernardo degli Uberti: progetto di Gerolamo Bedoli Mazzola, databile al 1544
  • Alessandro Araldi, ritratto di San Bernardo degli Uberti: Olio su tavola, 1516. Predella della pala della Cappella Centoni, Parma, Cattedrale
  • Ritratto di San Bernardo degli Uberti: di Alessandro Magnasco (detto "Lessandrino"), Parma, Museo Lombardi
  • Il volto di San Bernardo degli Uberti: particolare
  • San Bernardo degli Uberti: mezzo busto in lamiera d'argento sbalzato eseguito da Cristoforo Smith nel 1606
  • Statua di San Bernardo degli Uberti: Roma, Santa Maria dei Fiorentini, facciata