L’Ospedale Vecchio


L’edificio dell’Ospedale Vecchio quale lo conosciamo oggi data al XV-XVI secolo, essendo stato progettato e realizzato da Gian Antonio da Erba e collaboratori con interventi successivi di altri artefici (de’ Fatulis, d’Agrate eccetera). Esso risale agli anni successivi alla riforma delle istituzioni ospitaliere voluta da Sisto IV con propria bolla del 1471, che a Parma trovava attuazione solo nel nono decennio del secolo.

Era il 2 dicembre 1201, quando certo Rodolfo Tanzi veniva investito di una proprietà immobiliare (un “casamento”) nella porzione di città di più recente edificazione ed espansione, quella dell’Oltretorrente, nei pressi di Santa Maria di Borgo Taschieri e dell’attuale Borgo Cocconi, zona dove la disponibilità di terreno non mancava e dove prevaleva una edilizia povera, in uno dei quartieri dove erano presenti le arti minori, la borghesia minuta e la plebe urbana.

La parte più occidentale della città, oltre il torrente, era quella più esposta al recente ampliamento del secolo XII e alle inurbazioni dalla campagna; era inoltre il punto di contatto tra i flussi dei viatores in transito sulla via Emilia o Clodia e il polo urbano che qui poteva offrire xenodochi e ostelli.

Il Tanzi acquisiva la proprietà dal parmigiano Ranieri Fronti. Rodolfo evidentemente non era originario della città. Egli è detto agire “nomine et vice pauperum”, in nome e a nome di poveri. Si profila l’immagine di un cavaliere, con un preciso ruolo sociale nell’ambito della comunità cittadina del XIII secolo, interprete di quella figura del miles Christi che aveva trovato spazio nella vicenda delle crociate e nei movimenti pauperistici urbani.

Con questo non si esauriva il suo compito: l’azione conciliava la fede con una profonda e avvertita necessità di ordine sociale.

Questo aspetto dell’agire del Tanzi ne qualifica il ruolo di benefattore, appartenente al ceto dei cavalieri. L’iconografia che se ne possiede è tarda. Risale al Cinquecento. La tradizione è tuttavia concorde nel riconoscergli un aspetto che ne qualifica il ruolo. Una vistosa croce rossa posta sul petto ne dimostrerebbe l’appartenenza all’ordine dei cavalieri teutonici.

L’opera di carità umana è orientata a favore di ammalati, di poveri e in particolare di “esposti”, di orfani e trovatelli. La primitiva sede veniva intitolata a Ognissanti e compariva col titolo di Sant’Antonio.

Nel 1202 Tanzi otteneva dal vescovo Obizzo Fieschi di edificarvi la chiesa, che intitolava alla Vergine. La condizione posta era che essa potesse essere assistita e curata da conversi e converse ivi residenti. Per questo nasceva una prima comunità di fratelli, con uno specifico compito, quello di servire all’ospedale da poco eretto.

Lo stesso Rodolfo compare con il nome di fratello o frate. In quanto tale regge l’ospedale da lui fondato dagli anni della sua formazione sino al 1216, anno nel quale si perdono notizie certe sul suo conto. Potrebbe forse essere quello l’anno della sua scomparsa.

In ogni caso dovette rimanere ben presente la memoria di lui.

Una lapide sullo stipite sinistro dell’ingresso settecentesco dell’Ospedale Vecchio consegna ai nostri giorni la memoria di Rodolfo Tanzi e del prete Pietro che gli succedette nel governo dell’istituzione.

Con la morte del fondatore spettava a questi favorirne lo sviluppo. Egli ne aumentava la capienza e ne trasferiva la sede poco più a est sulla strada maestra di Santa Croce.

Il nucleo iniziale dell’Ospedale degli esposti aveva visto Rodolfo impegnato nel far fronte alla piaga dei fanciulli orfani o abbandonati. È una vocazione che rimarrà all’istituto sino all’epoca moderna. Con Pietro si ampliavano i termini dell’intervento, in una città dove il fenomeno sembra espandersi pericolosamente. Il religioso accentuava poi l’aspetto ecclesiastico dell’istituzione, prestando nel settembre 1224 ubbidienza al vescovo Grazia.

Così sempre più forte si sentirà la presenza dell’autorità vescovile. Nel 1304 il vescovo Papiniano stabiliva che il rettore dell’Ospedale venisse scelto tra i religiosi del luogo. Nel 1354 il vescovo Ugolino Rossi concedeva indulgenze a chi elargiva doni e somme all’Ospedale.

Sono le arti poi ad assistere da vicino con provvidenze all’amministrazione dell’istituzione, come ci evidenzia una seconda lapide.

Del resto il ruolo sociale dell’Ospedale voluto dal Tanzi e ancora intitolato a Sant’Antonio era chiarito da un documento del 23 ottobre 1350 emesso dal podestà Nicolò Trunci, nel quale si attesta che vi erano ricoverati 100 poveri, 70 esposti con età inferiore ai 10 anni e 14 con età superiore. È dietro una situazione di endemiche malattie e di eventi pestilenziali che si giungeva al provvedimento di Sisto IV del 4 dicembre 1471, favorito dagli anziani e dai maggiorenti della città, in base al quale venivano unificati in un unico ente tutte le attività di soccorso, di ospitalità, di ospizio presenti nella città e nel forese. Per provvedervi occorreva una nuova struttura ospedaliera.

Quasi emblematicamente scompariva negli anni a seguire l’antico insediamento a ostello e s’affermava, insieme all’architettura quattro-cinquecentesca, una istituzione sanitaria completamente nuova.