San Francesco del Prato


È molto probabile che i lavori per la basilica dei francescani di Parma fossero in atto già nei primi anni del quarto decennio del XIII secolo. Erano anni di appassionate devozioni.

“Diverse chiese conventuali degli ordini dei frati predicatori di san Francesco e di san Domenico vengono erette in Emilia e in Lombardia entro la metà del secolo XIII o comunque entro il suo scadere; così a Bologna, a Lodi, a Piacenza eccetera. A Parma la nuova basilica dedicata al santo sorge in un luogo non ancora interessato dal tessuto edilizio della città duecentesca. Era l’area già configurata tra il quartiere settentrionale di San Barnaba, il corso del canale Naviglio e l’area ecclesiale del duomo e del battistero, allora in costruzione. È una città ricca, nella quale il potere podestarile sarebbe stato riconosciuto a un francescano proprio tra il 1233 e il 1234”, fra’ Gherardo Boccabadati da Modena.

L’insediamento francescano è contestuale a quelli che vennero a compiersi in altre città del Nord, tra l’anno di canonizzazione di Francesco (1228) e la seconda metà del secolo. È il periodo in cui si assiste, anche a Parma, alla più intensa edificazione di conventi anche di altri ordini ecclesiastici. San Francesco è tra i primi, poi vengono San Luca degli Eremitani (1227), San Pietro Martire dei Domenicani (1245), San Domenico, San Giovanni Battista, il monastero dei Servi di Maria eccetera.

A Parma quella di San Francesco del Prato è una delle prime chiese a essere edificata completamente in cotto, una tecnica costruttiva che la raccorda alle architetture in mattoni tipiche del Nord Italia con configurazione della facciata a capanna. A riguardo delle facciate e delle loro modalità di innestarsi sul corpo architettonico della chiesa si aggiungano le osservazioni di W. Schenkluhn: “Queste facciate a vento, che nascondono la sezione trasversale della navata, sono una particolarità presente in Lombardia fin dal periodo romanico, e compaiono in parte, con ‘finestre’ a cielo aperto, anche nelle chiese degli Ordini Mendicanti, per esempio nella chiesa francescana di Parma, Piacenza e Lodi”.

La facciata odierna, pur nella generale alterazione dovuta all’incongruo utilizzo durato due secoli, non è quella originaria. Occorre ricordare come contro la passiva reiterazione della interpretazione di Pellicelli che vedeva nel monumento tre momenti distinti di sviluppo delle architetture, è avanzata la posizione di Giuseppa Zanichelli che vi intravedeva un progressivo comporsi di parti edilizie su di una base unitaria, con l’effetto di varianti percepibili nell’assetto murario e soprattutto nell’orditura delle campate, delle quali la prima presenta una profondità ridotta (6,50 ¥ 9,80 m) rispetto a quella modulare delle successive (13,08 ¥ 9,80 m).

L’interno (oggi meglio leggibile a seguito della eliminazione delle superfetazioni ottocentesche) si compone infatti di tre navate, una maggiore, centrale, e due laterali spartite da otto pilastri a sezione circolare, in cotto, quattro per parte, sui quali si impostano altrettanti archi a ogiva, arditi, flessibili ed eleganti, chiusi dalla carpenteria lignea dei tetti. La prima campata più corta è spiegata in ragione della presenza di un antico nartece, che nel XV secolo sarebbe stato assorbito nel volume interno del tempio.

Nel corso del XIV e del XV secolo si giungeva a una stabilizzazione della veste gotico-francescana del monumento, ancora interessato dalla decorazione due-trecentesca, e dotato di una forza plastica nella architettura delle navate. Giungeva a completamento la facciata nella quale gli artefici nobilitavano un ingresso centrale e due laterali di modeste dimensioni con il sorprendente occhio del rosone, opera di Alberto da Verona, montato nel 1461, che coronava nel timpano triangolare la struttura a capanna del tempio.

Con l’allentarsi del rigore iniziale, la forza attrattiva esercitata nei confronti delle famiglie nobili, che miravano a destinare a sé stesse questa o quella cappella, suona come una conferma dell’importanza assunta nella città medievale dall’ordine francescano.

Risale al 1521 il pagamento di due scudi d’oro a Bernardino e Gian Francesco Zaccagni per il modellino di Santa Maria della Concezione, la cappella che doveva essere ampliata a forma di oratorio sulla navata in cornu epistolae, seguendo l’impostazione a pianta centrale che ne traduce l’architettura in uno stile aggiornato sulla cultura cinquecentesca. La decorazione interna affidata a Francesco Maria Rondani e a Michelangelo Anselmi trasferiva in una narrazione pittorica moderna e di maniera il tema dell’immacolata concezione di Maria, della istituzione ed espansione del suo culto.

 

  • Veduta della facciata
  • Torre campanaria