Sasso


PIEVE DI SANTA MARIA ASSUNTA
Tradizionalmente annoverata tra le pievi matildiche, la pieve di Santa Maria Assunta di Sasso, nei pressi di Neviano degli Arduini, si eleva ancor oggi su un colle solitario, in conci di pietra squadrata e copertura in ardesia. La contessa Matilde di Canossa, nella sua strenua fedeltà alla Chiesa, favorì e incentivò l’erezione o la sistemazione di chiese e cappelle nei suoi territori, anche in ottemperanza a quell’atteggiamento munifico che ebbero i signori del medioevo nei confronti della Chiesa. La difesa della causa papale era una radicata tradizione per la sua famiglia: Adalberto Atto di Canossa, il capostipite, era infatti vassallo del vescovo di Reggio Emilia e difese la futura imperatrice Adelaide, vedova di Lotario – del quale Aldalberto era vassallo – quando era prigioniera del re Berengario II. L’imperatore Ottone di Germania lo ricompensò, una volta sposata Adelaide, assegnandogli delle terre nei territori di Mantova, Reggio e Modena. Qui Tedaldo, figlio di Adalberto Atto, fondò il famoso monastero di San Benedetto al Polirone nel 1007, tra i territori mantovano e reggiano, in piene zone canossiane. Matilde raccolse la loro eredità: nei suoi castelli trovarono ospitalità i papi in un’epoca per loro molto travagliata come fu il periodo della lotta delle investiture; si ricordi per tutti il celeberrimo caso della cosiddetta “umiliazione di Canossa” in cui Matilde, mentre ospitava nel suo castello di Canossa Gregorio VII, ricevette Enrico IV penitente nei confronti del papa. La contessa è descritta da Donizone come donna molto ardente nel culto divino, tanto che il biografo dedicò a questo aspetto della personalità di lei la parte conclusiva della sua Vita Mathildis: sorreggeva la Chiesa ed i miseri con le sue sostanze, trascorreva la notte pregando sui salmi divini, collezionava oggetti d’arte sacra, fu pellegrina lei stessa ai luoghi santi: in questo quadro è evidente come le pie fondazioni matildiche abbiano ben avuto ragione di essere.
La signora di Toscana appoggiò inoltre il progetto riformatore promosso dalla potentissima abbazia borgognona di Cluny – non a caso anche Ugo, abate di Cluny, era presso Matilde al momento di ricevere Enrico IV penitente – operando attraverso la costituzione di pievi e ospedali nelle sue terre affinché la Chiesa ufficiale trionfasse contro l’eresia. I cluniacensi, tra l’altro, furono energici promotori del culto di san Giacomo, legato alle vie di pellegrinaggio, percorse, come già detto, dalla nobildonna.
La pieve di Santa Maria de Saxo, già ricordata fin dall’inizio del secolo XI, fu ricostruita, pare per volontà di Matilde, alla fine del secolo. La sua struttura, tipica delle chiese dell’epoca, è a tre navate con sei arcate separate da colonne a fusto tondo in cotto e soffitto a capriate; il pavimento – lievemente pendente e in silice – insieme alle lastre che ornano la chiesa (con simboli evangelici quali il leone di san Marco e quello che sembra essere il simbolo dell’evangelista Matteo, l’angelo) e ai consunti affreschi dell’abside rendono il luogo assai suggestivo. Data la funzione plebana non manca la vasca battesimale – anche se di restauro – risalente al secolo XII, con temi desunti dai bestiari medievali come il grifo accanto alla figura umana che benedice con una mano e tiene l’olio sacro nell’altra o la colomba con un fiore nel becco. Esternamente la facciata è divisa da lesene sormontate dai tipici archetti pensili che la dividono in tre parti. La parte più antica, probabilmente precedente all’intervento matildico, sembra essere quella della vecchia torre collocata posteriormente all’abside, ma è doveroso ricordare che la chiesa subì diversi rimaneggiamenti. La sua importanza è attestata, in epoca medievale, ancora nel XIII secolo quando troviamo alle sue dipendenze, nel 1230, ben tredici cappelle della zona: San Martino di Mozzano, Selvazzano, Ceretolo, Cedono, Urzano, Lodrignano, Vezzano, Pietta, Moragnano, Madurera, Antignola, Antriola, e San Lorenzo di Campora. (E.B.)

I testi sono tratti da: Per antichi cammini. Il Medioevo a Parma e provincia. Milano, Silvana Editoriale, 2003.