San Giovanni Evangelista
Sarebbe impossibile oggi ricostruire il profilo medievale del monastero benedettino di San Giovanni Evangelista quale era prima che una distruzione intervenuta per degrado e a seguito di un incendio, intervenuto nel 1477 durante un fatto d’arme che coinvolse degli esponenti della famiglia Rossi, ponesse l’urgenza di una edificazione ab imis dell’intero complesso: basilica, convento, chiostri. È da Ireneo Affò che apprendiamo della costruzione del monastero avendone parte il vescovo Sigefredo II, lo stesso che troviamo dietro alla costruzione della chiesa di San Paolo annessa al convento benedettino femminile omonimo.
Riprendendo informazioni dalla storiografia può ritenersi che la datazione fornita dal Mabillon (983), coincidente con quella assunta da Affò, sia fondata.
Si confermerebbe perciò la contemporaneità degli insediamenti benedettini di San Giovanni Evangelista e di San Paolo, sorti entrambi ai margini settentrionali della città, extra moenia, ma entro il pratum regium, in una fase che vede il progressivo strutturarsi del quartiere ecclesiale del duomo, del canonicale claustrum e, nel giro di pochi decenni, anche la formazione della cattedrale e del palazzo Vescovile.
Il primo nucleo monastico di San Giovanni, favorito dalla riforma che investe la Chiesa nella fase ottoniana, gode dell’assistenza del vescovo Sigefredo II, ma anche della presenza di una figura venerabile, quella di Giovanni, canonico del duomo ex optimo genere, di nobile ascendenza, riguardo al quale si sparge notizia della santa condotta di vita maturata in sei pellegrinaggi a Gerusalemme.
È il vescovo Sigefredo II che investe direttamente il religioso dell’incarico di primo abate. Vestito di un abito monacale al rientro dall’ultimo pellegrinaggio, Giovanni accredita a sé questa funzione, partecipando al sinodo benedettino di Ravenna del 983, con il quale egli ottiene il riconoscimento della nuova comunità monastica.
Il transito per Parma dell’abate cluniacense Maiolo di Cluny nell’anno 988 sarebbe conferma dell’avanzato processo di istituzione del convento bendettino e dell’intervenuta autorizzazione da parte dell’ordine.
Ciò significava dilatare gli orizzonti della città monastica, introdurre un ulteriore strumento di evangelizzazione, nel superamento definitivo della fase ariana.
La chiesa veniva eretta in sostituzione di un precedente oratorio dedicato al benedettino san Colombano. Diversamente dal monastero bendettino femminile di San Paolo, che si amplia inizialmente a est del suo attuale corpo edilizio, attorno alla torre altomedievale che funge da fulcro per l’intera prima fase di espansione conventuale, la natura di aggregato irregolare e di modesta qualità edilizia del convento benedettino maschile di San Giovanni Evangelista poteva favorire la decisione di radere al suolo l’antico insediamento per una sua totale ricostruzione.
Sicché delle antiche vestigia rimangono solo e in parte le tracce residue della attività amanuense, con una scuola miniatoria, attiva proprio nella fase di transizione intorno al nono decennio del secolo XV, allorché non era ancora costruito il nuovo convento, benché i monaci benedettini avessero già aderito alla riforma di santa Giustina.
I libri corali provengono proprio dal monastero padovano, dal quale dovevano giungere senza l’ornamentazione, a cui avrebbero provveduto Damiano da Moile “parmensis”, Francino da Moile, sempre originario della città, e poi, a partire dal 1492, Michele da Genova, che compare tra i destinatari dei pagamenti compiuti dal convento.