Il cantiere della cattedrale
Nell’autunno del 1106, quando Papa Pasquale II consacra la Cattedrale di Parma, dedicandola all’Assunzione di Maria, la storia della chiesa matrice della comunità cristiana parmense è già antica di alcuni secoli.
Infatti l’attuale Cattedrale, di cui si celebra l’anniversario della dedicazione, si può considerare come la terza chiesa madre della città.
Infatti l’attuale Cattedrale, di cui si celebra l’anniversario della dedicazione, si può considerare come la terza chiesa madre della città.
Tra V e VI secolo si completa il processo di cristianizzazione della città e un primo complesso episcopale è organizzato nell’area di piazza Duomo, una zona periferica nella struttura urbana di età imperiale, ma compresa all’interno delle fortificazioni tardoantiche. Successivamente nel IX secolo, con l’episcopato di Guibodo (860-895), si ricostruisce una nuova chiesa nell’area retrostante la primitiva basilica paleocristiana, danneggiata forse da un incendio che la distrusse.
Finalmente nell’XI secolo prende avvio la costruzione dell’attuale Cattedrale sul sito della chiesa altomedievale.
La ricostruzione della Cattedrale cade in un’epoca di forti contrasti politici nella comunità parmense.
La storia di Parma nell’XI secolo è in bilico tra partito filo imperiale e osservanza pontificia.
La ricostruzione della Cattedrale cade in un’epoca di forti contrasti politici nella comunità parmense.
La storia di Parma nell’XI secolo è in bilico tra partito filo imperiale e osservanza pontificia.
Con il vescovo Cadalo (1044-1072) e il parmense Guiberto, arcivescovo di Ravenna, prevale la frangia ghibellina: i due vescovi, già cancellieri imperiali, sono proclamati antipapi da concili di vescovi filoimperiali con il nome di Onorio II nel 1064e di Clemente III nel 1078.
In questo contesto di forti scontri politici, Cadalo promuove la ricostruzione della sede vescovile e della stessa Cattedrale: quest’ultimo cantiere assume perciò un forte valore emblematico in opposizione ai successori al soglio di Pietro.
Dopo l’episodio di Canossa del 1077 e il prevalere della riforma gregoriana, anche Parma ritorna alla fedeltà guelfa con l’elezione nel 1106 di Bernardo, già abate generale di Vallombrosa, alla sede vescovile.
In questo contesto di forti scontri politici, Cadalo promuove la ricostruzione della sede vescovile e della stessa Cattedrale: quest’ultimo cantiere assume perciò un forte valore emblematico in opposizione ai successori al soglio di Pietro.
Dopo l’episodio di Canossa del 1077 e il prevalere della riforma gregoriana, anche Parma ritorna alla fedeltà guelfa con l’elezione nel 1106 di Bernardo, già abate generale di Vallombrosa, alla sede vescovile.
L’edificazione della Cattedrale e del palazzo vescovile trasforma l’antica cittadella dei vescovi, da appendice della città altomedievale, in una struttura urbana caratterizzata da una propria identità formale.
La costruzione della piazza ecclesiastica è parallela alla definizione della piazza mercantile sede dell’autorità civile del libero comune, ricavata nell’antico foro della città romana.
Gli edifici attestati su Piazza Duomo diventano dall’XI secolonon solo la residenza vescovile ma anche il centro culturale della città, con la Cattedrale, le case del Capitolo e le scuole vescovili, dove si insegnavano le arti del trivio (grammatica, retorica e dialettica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia). Queste ultime, trasformate in Studium generale nel XIII secolo, diventeranno un punto di riferimento internazionale per la formazione di ecclesiastici – fa cui ricordiamo San Pier Damiani – e laici, fra cui numerosi cancellieri imperiali e, successivamente, amministratori comunali delle più importanti città dell’area padana.
La successione cronologica del cantiere della Cattedrale di Parma è ancora oggetto di dibattito critico, anche se si deve ad Arturo Carlo Quintavalle la ricostruzione maggiormente attendibile delle fasi della formazione dell’edificio.
La successione cronologica del cantiere della Cattedrale di Parma è ancora oggetto di dibattito critico, anche se si deve ad Arturo Carlo Quintavalle la ricostruzione maggiormente attendibile delle fasi della formazione dell’edificio.
Negli ultimi decenni dell’XI secolo prende avvio il cantiere, con i lavori che probabilmente procedevano contemporaneamente dalla facciata e dal transetto. Si realizzava un edificio secondo un impianto basilicale a tre navate, scandite da pilastri polistili con alte pareti traforate da gallerie e terminazione orientale con transetto triabsidato. Le caratteristiche compositive della Cattedrale di Parma, l’alta e slanciata navata, il transetto sporgente oltre il limite delle navate e absidato ai lati opposti, l’ampia cripta estesa all’intera parte terminale della chiesa, trovano scarso riscontro in area padana; analogie e confronti sono da ricercare soprattutto nella valle del Reno, culla degli imperatori germanici e area di riferimento politico del vescovo Cadalo, il promotore della ricostruzione della Cattedrale parmense, proclamato papa da un concilio di vescovi filoimperiali.
La personalità che coordina le maestranze attive nel cantiere e l’ideatore principale di questo grande edificio a pianta basilicale è forse Nicolò, attivo poi in altri importanti cantieri di area padana; al maestro e alla sua scuola è attribuito anche gran parte dell’arredo scultoreo, fra cui le lastre della recinzione del presbiterio di inizio XII secolo ricavato sulla cripta e al quale si accedeva da due scale ricavate in corrispondenza delle navate laterali.
Lo schema compositivo della chiesa parmense, il confronto con le vicine cattedrali di Modena e Piacenza e la decorazione plastica degli innumerevoli capitelli e lastre, lasciano ipotizzare come il cantiere, dopo l’avvio alla fine dell’XI secolo, sia proseguito alacremente tra secondo e quarto decennio del secolo successivo, con l’episcopato di Bernardo degli Uberti (1106-1133), per poi concludersi sostanzialmente attorno al sesto decennio del secolo. Nell’ultimo quarto del XII secolo l’edificio è oggetto di una nuova campagna di lavori con la revisione degli spazi liturgici compiuta da Benedetto Antelami e dalla sua officina: volte cosotolonate sostituirono l’originaria copertura a capriate sulla navata centrale e il presbiterio venne modificato con la costruzione di una scalinata centrale e di un ambone per la proclamazione del Vangelo, sostenuto da quattro colonne, ornato di lastre in marmo con le figurazioni organizzate come una macchina scenica incentrata sui misteri della Passione di Cristo.
Nel corso degli ultimi decenni del XIII secolo, sulla grande chiesa romanica operano maestranze campionesi intervenendo sulle parti sommitali, completando il coronamento ad archetti della facciata, sovralzando le pareti del presbiterio con l’inserimento di una loggetta cieca ad archi intrecciati poggianti su colonne e peducci figurati, mentre un tiburio a pianta ottagona con cupola estradossata sostituì quello romanico a pianta quadrata e tetto a falde. Nel 1281 si dota la facciata di un imponente protiro, dove due leoni, scolpiti da Giambono da Bissone, sorreggono le colonne su cui poggia un archivolto che reimpiega bassorilievi più antichi con la raffigurazione dei mesi. Nel 1284 il vescovo Obizzo Sanvitale, demolita la vecchia torre campanaria, dette inizio alla costruzione dell’attuale, completata nel 1294, e sulla cui sommità venne posto un angelo di rame dorato.
Tra XIII e XV secolo il prestigio della chiesa matrice, edificio simbolo della comunità parmense, non viene meno, cosi da attirare le fondazioni sepolcrali delle famiglie cittadine eminenti: dal 1285 sino al XV secolo cappelle gentilizie sono aggiunte ai lati delle navate minori e al coro. Nel Cinquecento l’edificio è nuovamente oggetto di interventi di trasformazione per adeguare l’antica e severa architettura romanica al mutato clima culturale e devozionale dell’età rinascimentale, con la realizzazione di imponenti cicli pittorici. All’esterno i due bracci del transetto vennero portati allo stesso livello del coronamento campionesse del presbiterio con l’aggiunta di un attico a specchiature; l’antico rosone della facciata, piuttosto piccolo, fu allargato in forma dell’attuale finestrone e al protiro si sovrappose un’edicola. All’interno modeste modifiche si attuarono al tiburio per adattarlo ad accogliere gli affreschi del Correggio nella cupola con la raffigurazione dell’Assunzione di Maria (1526-1530), ma l’intervento di maggiore rilevanza sulla configurazione interna della Cattedrale fu, nel 1566, lo smantellamento dell’ambone medioevale e dei coevi manufatti presenti nel presbiterio, con l’ampliamento della scalinata all’intera larghezza dell’edificio; con gli interventi del XVI secolo si conclude di fatto la “lunga” stagione del cantiere. Nella costruzione della Cattedrale di Parma si è in presenza di un cantiere complesso, durato diversi decenni, in cui si sono intrecciati e sovrapposti orientamenti artistici, interessi economico-politici, elementi simbolici, fattori tecnici, capacità organizzative: un cantiere come specchio dei saperi e delle vicende del tempo e della comunità che lo ha saputo condurre a termine.
Ricorda Carlo Tosco che “il cantiere è un luogo di scambio di tecniche, di esperienze, di classi sociali, di saperi diversi. Si tratta di uno spazio d’incontro tra i più significativi della società medievale. Nell’età gotica il progetto veniva elaborato in cantiere, discusso tra le maestranze, presentato ai committenti, sottoposto a continue verifiche e correzioni, anche sostanziali. Si trattava di una pratica progettuale “in itinere”, che vedeva la partecipazione attiva di molti soggetti. Il cantiere di una Cattedrale è una sfida al tempo, che guarda all’eternità. E’ la dimensione sacra e comunitaria del lavoro che consente di puntare oltre le condizioni del presente, oltrepassando le generazioni”.
Attorno all’edificio in costruzione si distribuivano le officine, le tettoie per la lavorazione, i depositi dei materiali e all’interno del perimetro del cantiere operavano le maestranze, divise in squadre con precise distinzioni di ruoli, dirette da rappresentanti e talvolta inquadrate in corporazioni. La struttura gerarchica era più incisiva dove autorevoli figure di magistri, dotati di alto prestigio, imponevano una rigida divisione del lavoro e coordinavano l’opera collettiva. Si attuava sul cantiere un’interazione continua tra saperi diversi. I singoli maestri sceglievano a chi comunicare le proprie conoscenze e le modalità operative, organizzando una scuola che trovava nella bottega il suo spazio di formazione. Si formarono così le corporazioni che assunsero un ruolo di controllo e di protezione del segreto progettuale. Tecnici specializzati in settori particolari (lavorazione del legno, lavorazione della pietra, produzione del laterizio) si confrontavano per la realizzazione del progetto comune. Riferisce ancora Tosco che “il cantiere medievale è uno spazio d’incontro tra discipline e tecniche diverse, dove il canale privilegiato è la comunicazione orale. Soltanto a partire dal Quattrocento italiano la scrittura arriverà a condizionare realmente l’architettura, con la ricomparsa del genere letterario dei trattati. Per questo è molto difficile oggi comprendere le discussioni che avvenivano sui cantieri, le dispute, i contrasti e i dibattiti tra gli architetti, le maestranze, i committenti. La fonte più significativa sono le opere stesse, che si mostrano in grado talvolta di “raccontare” quanto era avvenuto durante i lavori, come le interruzioni di cantiere e i vistosi mutamenti di progetto in corso d’opera”.
Lo schema compositivo della chiesa parmense, il confronto con le vicine cattedrali di Modena e Piacenza e la decorazione plastica degli innumerevoli capitelli e lastre, lasciano ipotizzare come il cantiere, dopo l’avvio alla fine dell’XI secolo, sia proseguito alacremente tra secondo e quarto decennio del secolo successivo, con l’episcopato di Bernardo degli Uberti (1106-1133), per poi concludersi sostanzialmente attorno al sesto decennio del secolo. Nell’ultimo quarto del XII secolo l’edificio è oggetto di una nuova campagna di lavori con la revisione degli spazi liturgici compiuta da Benedetto Antelami e dalla sua officina: volte cosotolonate sostituirono l’originaria copertura a capriate sulla navata centrale e il presbiterio venne modificato con la costruzione di una scalinata centrale e di un ambone per la proclamazione del Vangelo, sostenuto da quattro colonne, ornato di lastre in marmo con le figurazioni organizzate come una macchina scenica incentrata sui misteri della Passione di Cristo.
Nel corso degli ultimi decenni del XIII secolo, sulla grande chiesa romanica operano maestranze campionesi intervenendo sulle parti sommitali, completando il coronamento ad archetti della facciata, sovralzando le pareti del presbiterio con l’inserimento di una loggetta cieca ad archi intrecciati poggianti su colonne e peducci figurati, mentre un tiburio a pianta ottagona con cupola estradossata sostituì quello romanico a pianta quadrata e tetto a falde. Nel 1281 si dota la facciata di un imponente protiro, dove due leoni, scolpiti da Giambono da Bissone, sorreggono le colonne su cui poggia un archivolto che reimpiega bassorilievi più antichi con la raffigurazione dei mesi. Nel 1284 il vescovo Obizzo Sanvitale, demolita la vecchia torre campanaria, dette inizio alla costruzione dell’attuale, completata nel 1294, e sulla cui sommità venne posto un angelo di rame dorato.
Tra XIII e XV secolo il prestigio della chiesa matrice, edificio simbolo della comunità parmense, non viene meno, cosi da attirare le fondazioni sepolcrali delle famiglie cittadine eminenti: dal 1285 sino al XV secolo cappelle gentilizie sono aggiunte ai lati delle navate minori e al coro. Nel Cinquecento l’edificio è nuovamente oggetto di interventi di trasformazione per adeguare l’antica e severa architettura romanica al mutato clima culturale e devozionale dell’età rinascimentale, con la realizzazione di imponenti cicli pittorici. All’esterno i due bracci del transetto vennero portati allo stesso livello del coronamento campionesse del presbiterio con l’aggiunta di un attico a specchiature; l’antico rosone della facciata, piuttosto piccolo, fu allargato in forma dell’attuale finestrone e al protiro si sovrappose un’edicola. All’interno modeste modifiche si attuarono al tiburio per adattarlo ad accogliere gli affreschi del Correggio nella cupola con la raffigurazione dell’Assunzione di Maria (1526-1530), ma l’intervento di maggiore rilevanza sulla configurazione interna della Cattedrale fu, nel 1566, lo smantellamento dell’ambone medioevale e dei coevi manufatti presenti nel presbiterio, con l’ampliamento della scalinata all’intera larghezza dell’edificio; con gli interventi del XVI secolo si conclude di fatto la “lunga” stagione del cantiere. Nella costruzione della Cattedrale di Parma si è in presenza di un cantiere complesso, durato diversi decenni, in cui si sono intrecciati e sovrapposti orientamenti artistici, interessi economico-politici, elementi simbolici, fattori tecnici, capacità organizzative: un cantiere come specchio dei saperi e delle vicende del tempo e della comunità che lo ha saputo condurre a termine.
Ricorda Carlo Tosco che “il cantiere è un luogo di scambio di tecniche, di esperienze, di classi sociali, di saperi diversi. Si tratta di uno spazio d’incontro tra i più significativi della società medievale. Nell’età gotica il progetto veniva elaborato in cantiere, discusso tra le maestranze, presentato ai committenti, sottoposto a continue verifiche e correzioni, anche sostanziali. Si trattava di una pratica progettuale “in itinere”, che vedeva la partecipazione attiva di molti soggetti. Il cantiere di una Cattedrale è una sfida al tempo, che guarda all’eternità. E’ la dimensione sacra e comunitaria del lavoro che consente di puntare oltre le condizioni del presente, oltrepassando le generazioni”.
Attorno all’edificio in costruzione si distribuivano le officine, le tettoie per la lavorazione, i depositi dei materiali e all’interno del perimetro del cantiere operavano le maestranze, divise in squadre con precise distinzioni di ruoli, dirette da rappresentanti e talvolta inquadrate in corporazioni. La struttura gerarchica era più incisiva dove autorevoli figure di magistri, dotati di alto prestigio, imponevano una rigida divisione del lavoro e coordinavano l’opera collettiva. Si attuava sul cantiere un’interazione continua tra saperi diversi. I singoli maestri sceglievano a chi comunicare le proprie conoscenze e le modalità operative, organizzando una scuola che trovava nella bottega il suo spazio di formazione. Si formarono così le corporazioni che assunsero un ruolo di controllo e di protezione del segreto progettuale. Tecnici specializzati in settori particolari (lavorazione del legno, lavorazione della pietra, produzione del laterizio) si confrontavano per la realizzazione del progetto comune. Riferisce ancora Tosco che “il cantiere medievale è uno spazio d’incontro tra discipline e tecniche diverse, dove il canale privilegiato è la comunicazione orale. Soltanto a partire dal Quattrocento italiano la scrittura arriverà a condizionare realmente l’architettura, con la ricomparsa del genere letterario dei trattati. Per questo è molto difficile oggi comprendere le discussioni che avvenivano sui cantieri, le dispute, i contrasti e i dibattiti tra gli architetti, le maestranze, i committenti. La fonte più significativa sono le opere stesse, che si mostrano in grado talvolta di “raccontare” quanto era avvenuto durante i lavori, come le interruzioni di cantiere e i vistosi mutamenti di progetto in corso d’opera”.
Alberto Bordi, Sauro Rossi, Marco Zarotti